Verso una teologia della speranza per l'Ucraina e dall'Ucraina
del Card. Pietro Parolin
La relazione del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, tenuta durante il convegno internazionale "Verso una teologia della speranza per l'Ucraina e dall'Ucraina", svoltosi il 14 e 15 maggio a Roma sotto il patrocinio di Sua Beatitudine Sviatoslav, Padre e Capo della Chiesa greco-cattolica ucraina.
Beatitudine,
Eminenza,
Eminenze,
cari padri,
monaci e monache,
signore e signori,
cari amici!
Sono lieto di essere qui con tutti voi che partecipate a questa conferenza internazionale intitolata "Verso una teologia della speranza per e dall'Ucraina". Vi trasmetto il saluto affettuoso e benedetto di Sua Santità il Papa Leone XIV, che segue con grande attenzione lo svolgimento di questo evento e il cammino della Chiesa in Ucraina, soprattutto in questo momento così doloroso, ma così pieno di testimonianze di fede.
Nel suo discorso durante la preghiera del Regina Caeli, Papa Leone XIV pronunciò queste toccanti parole: "Porto nel cuore la sofferenza del mio amato popolo ucraino". Questo è un grido del cuore che diventa un appello ai potenti di questo mondo: "Si faccia tutto il possibile per giungere al più presto a una pace vera, giusta e duratura. Che tutti i prigionieri siano liberati e che i bambini tornino alle loro famiglie".
Questo appello si inserisce nella continuità spirituale e pastorale con il defunto Papa Francesco, il cui pontificato è stato caratterizzato fin dall'inizio da un instancabile appello per la pace in Ucraina. Ha anche affermato più volte con emozione: "L'Ucraina è nel mio cuore". Come probabilmente ricorderemo, in un incontro con la Curia Romana nel dicembre 2022, Papa Francesco disse: "Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra in Ucraina è uno dei fenomeni più brutali che la nostra epoca abbia mai conosciuto". E ha aggiunto, con la franchezza che lo contraddistingue: «In questo momento difficile, la speranza non delude se è speranza in Dio, non nelle armi».
Due Papi, due voci, ma la stessa compassione evangelica. Leone XIV e Francesco, seppur in momenti diversi, hanno percorso la stessa strada: la strada della speranza che nasce dalla sofferenza, della pace costruita sulla verità, della fede che non si sottomette alla logica della guerra.
È in questa luce che possiamo parlare di una teologia della speranza per l'Ucraina: riflessioni che nascono non dai libri, ma dalle profondità della sofferenza. Ma anche sulla teologia della speranza dell’Ucraina, perché è da questo popolo che ci giunge una testimonianza viva: la fede può resistere sotto le rovine, la speranza può fiorire anche di notte.
Desidero esprimere la mia gratitudine a Sua Beatitudine Sviatoslav per l'invito, come pure per la perseveranza pastorale con cui guida il numeroso e zelante gregge a lui affidato; All'Università Cattolica Ucraina, alla Pontificia Università Gregoriana, all'Università di Notre Dame e a tutti coloro che hanno reso possibile questa iniziativa. Il tema che ci unisce — "Verso una teologia della speranza per l'Ucraina e dall'Ucraina" — è estremamente attuale e profetico nella sua portata.
Siamo chiamati a riflettere non su una speranza generica o disincarnata, ma sulla speranza cristiana che viene dal Cristo risorto. La speranza, che, come scrive Papa Francesco nel libro “La speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore”, è una virtù umile e tenace; è la forza che sostiene il cammino, è la luce che non si spegne neanche nelle notti più buie. Oggi l'Ucraina sta vivendo una notte dolorosa. Ma in questa notte la Chiesa non cessa di essere vigilante. E spera che, stando vigile,... E speranzosa, testimonia.
1. L’Ucraina come terra di speranza ferita
Da febbraio 2022, la guerra in Ucraina sta provocando morte e distruzione, causando milioni di sfollati, migliaia di vittime civili e un profondo trauma nazionale. Intere città divennero simboli del dolore umano e di una violenza senza precedenti. Ma in questi luoghi la fede non morì. Al contrario, ha trovato nuove espressioni. Le immagini delle preghiere liturgiche nei rifugi antiaerei, le processioni con le icone tra le rovine, i giovani che recitano il rosario nelle trincee, i cittadini inginocchiati lungo le strade a rendere l'ultimo omaggio ai soldati caduti, ci ricordano che la speranza cristiana è già una resurrezione seminata nelle tombe della storia.
In un discorso alla Curia nel dicembre 2023, Papa Francesco disse: "Nella sofferenza del popolo ucraino, vedo i semi di una nuova primavera spirituale. Questa fede messa alla prova è più luminosa, questa speranza ferita è più vera e la misericordia sperimentata è più evangelica".
La resistenza ucraina non è solo una resistenza militare o politica. Anche questa è resistenza spirituale. Questa è la resistenza di un popolo che non rinuncia alla dignità, alla fede e alla libertà. In questo senso, possiamo affermare con sicurezza che la speranza in Ucraina oggi ha preso la forma di un martirio silenzioso, di una testimonianza concreta di fede nella vita quotidiana segnata da un dolore indicibile.
Questa conferenza è nata da una ferita aperta. L'Ucraina oggi è un simbolo di speranza, che sta attraversando la prova più dura: la prova della guerra, della perdita, della separazione, del pianto, della morte. Eppure, è da questa terra martoriata che si leva un grido che sfida la teologia: può la speranza cristiana diventare realtà, storia, cammino verso un futuro luminoso e, in ultima analisi, verso la pace? Può dire qualcosa di vero a un popolo costretto a trascorrere per la quarta volta i giorni di Pasqua sotto le bombe, in esilio, tra le lacrime, tra le rovine?
In questo cammino, lasciamoci guidare dalle parole di Papa Francesco tratte dalla bolla “Spes non confundit”, contenuta nel suo recente libro “La speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore”. Il defunto pontefice ci ha donato una bussola preziosa, indicandoci che la speranza non è un'illusione astratta, ma una virtù concreta che ci spinge ad agire radicati nella fede in Dio e nel desiderio di costruire un futuro di pace e giustizia.
2. La speranza come “porta” sul cammino della fede
La Bolla «Spes non confundit» ci invita a ripensare la speranza come una «porta» (cfr Gv 10,7-9). Dopotutto, esiste oggi un'immagine più potente della porta che si apre su un futuro di pace, libero dalla guerra, una porta che non è solo un simbolo, ma un atto concreto di chi vuole vedere cosa c'è oltre la tragica realtà.
In questo contesto, vorrei menzionare la famosa poetessa ucraina Lesya Ukrainka, che nel 1890 scrisse una poesia, si potrebbe dire, profetica dal titolo significativo "Contra spem spero":
Andate via, pensieri, nuvole autunnali! E ora è arrivata la primavera dorata!
Gli anni della giovinezza trascorreranno nel dolore e nel lamento?
No, voglio ridere tra le lacrime, cantare canzoni in mezzo al disastro,
sperare ancora senza speranza,
voglio vivere! Via, pensieri tristi!
Le Chiese e le comunità ecclesiali dell’Ucraina – cattoliche, ortodosse, protestanti – sono chiamate non solo a varcare la Porta Santa del Giubileo, ma anche a diventare esse stesse “porte” aperte all’amore di Dio, fiaccole di speranza in mezzo all’oscurità. Questa non è retorica, è una missione.
L'Ucraina sta attraversando una delle sfide più difficili della sua storia recente. La guerra, la sofferenza e le ferite dell'ingiustizia sollevano profondi interrogativi sulla possibilità stessa della speranza. Ma è nei momenti più bui che la speranza cristiana si rivela una forza sorprendente. La speranza, infatti, è «la capacità di guardare oltre l’oscurità, di riconoscere in ogni ferita la possibilità di risurrezione» (Papa Francesco). Questa speranza non nasce da un semplice desiderio umano, ma dalla certezza che Dio è presente nella storia e che l'ultima parola sarà positiva.
Questa certezza la troviamo nel cuore stesso del Vangelo: la nostra speranza è Cristo crocifisso e risorto. San Paolo ci dice nella Lettera ai Romani: «La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Questa speranza ci anima oggi: una speranza che non si arrende, che non si lascia schiacciare dalla paura, che continua a credere.
3. Il compito della Chiesa: accompagnare, confortare, costruire
La Chiesa in Ucraina oggi è chiamata a una triplice missione: accompagnare il popolo, guarire i cuori feriti e costruire il futuro. E lo fa con cura, ogni giorno, attraverso la testimonianza dei suoi vescovi, dei suoi sacerdoti, delle persone consacrate e, soprattutto, dei suoi laici attivi.
Le parrocchie stanno diventando centri di accoglienza dei rifugiati e di distribuzione degli aiuti. Le comunità religiose accolgono gli sfollati e curano i feriti. I giovani si stanno impegnando nel volontariato e nel sostegno. La carità è diventata una forma concreta di speranza.
Ma accanto all'urgenza umanitaria, ce n'è una spirituale: aiutare le persone a non soccombere all'odio, a non soccombere al desiderio di vendetta, a non soccombere alla disperazione. La speranza cristiana è sempre rivolta alla riconciliazione. E questo richiede un lungo e profondo cammino di verità, memoria e guarigione.
Nell’enciclica “Fratelli tutti” leggiamo che “non c’è pace senza memoria” e che “la riconciliazione è possibile solo dove c’è verità e perdono” (226-230). La teologia della speranza deve quindi essere formulata anche come teologia della riconciliazione, come via di purificazione della memoria e di apertura all’altro. Non possiamo predicare il Vangelo se non dimostriamo la capacità di perdonare, di accettare, di costruire ponti.
4. L’Ucraina testimone di speranza e riconciliazione: lo Spirito che non abbandona mai
L’apostolo Paolo ci ricorda che è lo Spirito Santo che sostiene la speranza, che arde come una torcia (Rm 8,35-39). In Ucraina, lo Spirito del Signore non cessa di soffiare: è presente nei volontari che salvano vite, nei sacerdoti che restano con la gente, nei genitori che insegnano ai figli a non odiare.
Pertanto, la teologia della speranza non può essere solo analisi o consolazione spirituale. Deve diventare un ascolto dello Spirito che parla nella carne ferita delle persone, una teologia che non inizia dai libri, ma dai volti.
Se guardiamo alla storia dell'Ucraina, vedremo un popolo che è sempre stato capace di rialzarsi dopo ogni prova. La sua cultura, la sua fede, la sua tradizione spirituale sono una testimonianza vivente della forza della speranza. Oggi più che mai il mondo guarda all'Ucraina non solo come a una nazione ferita e umiliata, ma come a un popolo che, pur soffrendo, non cessa di testimoniare la dignità della persona umana, il valore della libertà e l'amore per la propria Patria.
Questa testimonianza è una sfida per tutti noi. Non possiamo restare spettatori passivi. La speranza cristiana è missionaria: ci chiama a costruire ponti, a sostenere chi soffre, a lavorare per la giustizia, la pace e la riconciliazione, perché «nessuno si salva da solo» (Papa Francesco).
5. L'ecumenismo della speranza: Roma e Kiev unite per una teologia della speranza
La domanda che ci poniamo in questa conferenza è profonda: quale teologia della speranza possiamo sviluppare per e dall'Ucraina? La risposta non è solo teorica, ma anche esistenziale. La teologia della speranza deve scaturire dall’ascolto della realtà, dalla voce di chi soffre, dalla testimonianza della Chiesa in Ucraina, che continua a essere segno di fede in mezzo alle prove.
In questo senso, la teologia non è un esercizio astratto e teorico, ma un cammino spirituale e comunitario. Dobbiamo riscoprire una speranza non ingenua, ma profondamente radicata nella realtà, una speranza che sappia dialogare con la sofferenza, che non si chiuda in un frivolo ottimismo, ma si alimenti della parola di Dio e della potenza dello Spirito Santo.
L'appello dell'Anno Giubilare della Speranza è rivolto a tutte le Chiese locali, comprese le Chiese in Ucraina, che oggi sono forse le più simboliche. Poiché «la speranza non inganna e non delude, perché si fonda sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall'amore di Dio» (Bulla «Spes non confundit»). Nessuna guerra. Nessun odio. Nessuna distanza.
Siamo invitati ad essere “pellegrini della speranza”. Ciò significa camminare insieme, senza illusioni, ma anche senza disperazione. Ciò significa guardare al Regno, ma tenendo i piedi ben piantati nella storia.
6. Da una teologia della speranza… alla speranza teologica
Non si tratta solo di costruire una teologia della speranza. Dobbiamo lasciarci plasmare dalla «speranza, che è essa stessa teologia», cioè dalla rivelazione del volto di Dio. In Ucraina ogni atto di gentilezza umana, ogni gesto di lealtà, ogni preghiera nell'oscurità, ogni scelta a favore della pace è già un atto teologico. Questo è l’annuncio del Cristo risorto, che, dopo aver percorso la via stretta della morte, attraversa la porta chiusa e dice: «Pace a voi!» (Giovanni 20:19).
«La speranza è un dono da condividere» e «chi spera non lo fa mai da solo» (Hope Never Disappoints, p. 103).
L'Ucraina può offrire alla teologia ecumenica una nuova grammatica della speranza: una grammatica che viene dall'Oriente cristiano, che si nutre della liturgia, che passa attraverso la memoria dei martiri e che si esprime nella fedeltà quotidiana del popolo al Signore.
7. Maria, Madre della Speranza: Icona del popolo credente
Maria occupa un posto centrale nel cuore della spiritualità ucraina. La Vergine Maria Orante della Cattedrale di Santa Sofia a Kiev è una delle immagini più potenti di quella speranza che non si stanca mai di pregare. Le sue mani sono alzate, il suo volto è solenne, la sua figura è immobile nel tempo: Maria intercede per noi. Maria ci protegge. Maria è una presenza fedele.
Durante la guerra, migliaia di famiglie ucraine si rivolsero a Maria. In Lei trovarono conforto, protezione e forza. I pellegrinaggi ai santuari mariani, le icone portate nelle zone di guerra, i canti mariani tramandati di generazione in generazione: tutto ciò costituisce un patrimonio spirituale che è anche un tesoro teologico.
La teologia mariana della speranza ci insegna che la speranza non si grida, ma si sussurra. Non viene conquistato, ma affidato. Maria non offre soluzioni, ma offre se stessa. Ed è in questo gesto radicale di disponibilità che Ella diventa Madre della speranza.
Conclusione
Cari fratelli e sorelle, la speranza cristiana non è un lusso che si può ottenere solo in tempi di pace. È un bisogno urgente per un tempo ferito. L'Ucraina oggi ci chiede non solo di parlare di speranza, ma anche di imparare a sperare in essa. Nelle trincee, tra le rovine, nei numerosi nuovi cimiteri, sotto la croce, ma con gli occhi rivolti al cielo.
L'Ucraina ha bisogno di una speranza che non venga dall'esterno come parole di salvezza, ma che nasca "da dentro", come un seme. E la Chiesa — universale e locale — è chiamata a un nobile compito: custodire il mistero della speranza che vive nella sofferenza, senza soccombere al cinismo del mondo.
Lasciamoci ispirare dalle parole di Papa Leone XIV: «Chiediamo al Padre Celeste che, ciascuno secondo la propria condizione, … possiamo aiutarci a vicenda a percorrere la via dell’amore e della verità. E ai giovani dico: “Non abbiate paura!”». L'Ucraina ci insegna proprio questo: che anche nella sofferenza, nella perdita e nella fatica, siamo nelle mani del nostro Padre Celeste, che non abbandona mai i suoi figli e continua a guidarli verso un futuro pieno di luce e di vita.
Che questa conferenza sia un momento di riflessione, ma soprattutto un momento di azione. Perché, come ci ricorda l’apostolo Paolo, «la speranza non delude mai». Grazie.
† Cardinale PIETRO PAROLIN,
Segretario di Stato della Santa Sede
-------------------------
Nessun commento:
Posta un commento