venerdì 1 ottobre 2021

L'ingresso di Gesù a Gerusalemme


L'ingresso di Gesù a Gerusalemme
                                                                                                             di Yaryna Moroz Sarno  
 
   
O Cristo Dio, che nei cieli sei assiso sul trono e 
sulla terra siedi su di un assino, 
Ti siano anche accette le lodi degli Angeli 
e le acclamazioni dei fanciulli giudei che a te gridano: 
Benedetto sei, Tu che vieni a rialzare Adamo
 
  (kondakion della festa)
 
 
 
Codex Rossanensis, ca 550, Museo diocesano a Rossano

   L'Entrata a Gerusalemme, l'evento più solenne degli ultimi giorni della vita terrena di Gesù, anticipava la Passione del Signore e la sua via Crucis, avverando le profezie ed inaugurando il suo Regno Celeste. La domenica delle Palme apre la Settimana Santa ed immediatamente precede la Pasqua.
  L'ingresso trionfale del Signore è descritto in tutti i quattro Vangeli. Questo cammino festoso commemorava anche la liberazione dall'Egitto, quando dopo il passaggio sul mar Rosso, il popolo visse durante quaranta anni nelle capanne nel deserto. Infatti, i brani raccontano sull'evento che si svolgeva durante la festa delle Capanne (dei Tabernacoli), una tra le tre più grande feste del pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme nella processione con le invocazioni "Osanna!" L'espressione ebraica "Osanna" (lett. salva) è una richiesta di aiuto rivolta a Dio, che spesso si trova al di fuori del contesto liturgico (Sal 11, 1; 19, 10; 27, 9; 59, 3; 107, 6).    La festa delle Capanne (Lv 23, 33-44; Dt 16, 13-15; Ez 45, 25) simboliggava Israele pellegrino dall’esodo dall’Egitto verso la Terra Promessa fu «la più santa e la più grande delle solennità» [Giuseppe Flavio, Ant. 8.4,1], ricordando le capanne (sukkôt) di frasche dove abitavano gli Ebrei. Era caratterizzata sia da giubilo che da gioiose esclamazioni (Is 12, 6; 42, 1-2; 44, 23; Ger 31, 7; Zac 9, 9), indicava anche la futura risurrezione dei morti (Is 26,19).
   Ciascuno portava in mano un mazzetto di rami dei tre alberi: la palma, simbolo della fede, il mirto, simbolo della preghiera innalzata al cielo, il salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli, in silenzio di fronte a Dio, legati insieme con un filo d’erba (Lv 23, 40). Al centro attaccavano anche l’etrog (una specie di cedro). I Vangeli di Matteo e Marco raccontano che la gente sventolava rami, o fronde prese dai campi (Mt 21,1-9; Mc 11, 1-10), Luca non li menziona (Lc 19, 30-38). Soltanto l'evangelista Giovanni chiama questi rami le foglie delle palme da dattero (βαΐα τῶν φοινίκων) (Gv 12, 12-18).
  Secondo la tradizione giudaica, il Messia atteso doveva manifestarsi durante questa festa. Già il profeta Zaccaria (9, 9 disse: "Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, il tuo re viene a te; Egli è giusto e porta salvezza, umile e montato sopra un asino, sopra un puledro d'asina") ed ancora prima nella Genesi (49, 11: "Egli lega il suo asinello alla vite e il puledro della sua asina alla vite migliore; lava la sua veste nel vino e il suo manto nel sangue dell'uva") proclamavano sul re messianico discendente da Giuda salito sull'asino. Gli evangelisti sottolineavano che nessuno prima si è mai seduto su questo asino, ciò indicava la purezza rituale e la possibilità di sacrificarlo al Signore (Nm 19, 2 ss, Duet 21, 3, 1 Sam 6, 7). Il Re dei giudei sull'asino era il simbolo della pace, mentre il cavallo si usava per le battaglie. I mantelli che venivano stesi sui gradini salenti al trono simboleggiavano l'incoronazione (2 Re 9, 13).
  Una folla osannante gli viene incontro, acclamandolo come il Messia, figlio di Davide. L'esclamazione del brano dal Vangelo di Giovanni (“Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!”) in parte è preso dal Salmo 118. La folla che voleva osannare Gesù in un clima festoso, gli offrirà l’unico trono a Gerusalemme: la Croce.
   La commemorazione è inclusa nelle dodici feste principale dell'anno liturgico nella tradizione bizantina. Nel Sinassario della festa è scritto: "Oggi Domenica delle Palme, festeggiamo la gloriosa e splendida solennità dell'ingresso del Signore nostro Gesù Cristo in Gerusalemme".
   La festa dell'Ingresso di Gesù a Gerusalemme è d'origine gerosolimitana. Nella prima testimonianza della celebrazione dell'Ingresso di Gesù (offerta dal Diario del Pellegrinaggio di Egeria del IV secolo) si racconta come la festività si svolgeva sul monte Oliveto e proseguiva al Calvario, guidata dal vescovo su un’asinella. Nel VI secolo la solennità si diffuse già quasi in tutte Chiese orientali.



Il frammento del sarcofago di Giunio Basso, 359 ca  

 
 
 Il frammento del dittico del V secolo, avorio, Tesori del Duomo di Milano 
 
 
  
 Il rilievo della cattedra vescovile di Massimiano546-556, 
Museo Arcivescovile, Ravenna
 
    Nella pratica liturgica gerosolimitana fin al X secolo la sera di questa festa c'era una solenne processione con rami di palma, guidata dal vescovo, che probabilmente marciava su un asino come fece Gesù. Il rito simile è stato descritto nei libri liturgici dell'IX - XII secolo da Costantinopoli. Negli statuti monastici bizantini post-iconoclasti il rito dell'Ingresso del Signore a Gerusalemme nel suo insieme simile alla sua forma moderna. 
   Lo schema iconografico apparve già nella metà del IV secolo (nel celebre sarcofago di Giunio Basso), assumendo il significato liturgico dell'ingresso trionfale, che anticipa gli eventi della Passione del Signore culminanti nella sua morte sulla croce. Nell'arte paleocristiana ci sono le rappresentazioni dell'Ingresso a Gerusalemme  sui sarcofagi, sulle copertine dell'avorio (sulla cattedra vescovile di Massimiano a Ravenna della metà del VI secolo) e nelle miniature dei libri (come nel Vangelo siriano di Rabula (586) e nel Vangelo del VI secolo dal Museo della Cattedrale di Rossano).   
 
 
 
 Parte centrale del trittico del X secolo, Costantinopoli. Berlin Staatliche Museem
 
 
   Nella rappresentazione del motivo il Cristo è al centro seduto sull'asino o cavallo. Come scrisse Romano il Melode, "Ecco il nostro Re, il mite e pacifico, assiso su di un giovane asino, che accorre per subire la passione e sradicare le passioni. Il Verbo è seduto su un animale, perché vuole salvare gli esseri dotati di ragionamento".  Spesso Cristo è raffigurato con gli apostoli dietro mentre scendono dalla montagna, ciò segue direttamente il racconto di San Luca: "E quando si avvicinò alla discesa dal Monte degli Ulivi, tutta la moltitudine di discepoli cominciò a glorificare pubblicamente Dio per tutti i miracoli che avevano visto" (Lc 19:37). Il Monte degli Ulivi, la Sion santa - dimora di Dio, divenne elemento indispensabile dell'iconografia della festa. Sul lato destro della scena è rappresentata l'immagine della città di Gerusalemme con il tempio di Gerusalemme al centro e molti edifici fantasiosi circondati da un muro con torri. La palma unisce la montagna messianica con la città che simboleggia l'umanità. Nella parte inferiore delle composizioni sono raffigurati  bambini che gioiscono per la venuta del Salvatore e con foglie di palma in mano esclamano: "Osanna!",  elemento conosciuto attraverso il Vangelo di Matteo (21, 15 ss) e l'apocrifo di Nicodemo. La tradizione gerosolimitana della partecipazione dei bambini è nota anche nel libro sul pellegrinaggio di Egeria (381-384) e nelle Catechesi di Cirillo di Gerusalemme (m. 387). 
 
 
       La miniatura del Vangelo ucraino di Lavryshiv del XIII-XIV secolo 
 

  

La miniatura del Salterio di Kyiv, 1397 
 

   L'affresco nella cattedrale della Santissima Trinità a Liublino, 1418, Maestro Andrea con i discepoli

 

Il frammento dell'icona della Passione di Cristo, XVI secolo,
villaggio Bagnuvate, Museo Nazionale a Leopoli
 

L'icona ucraina del XVI secolo, Galizia, Museo Nazionale a Leopoli


Icona ucraina del XVI secolo



L'icona ucraina dell'inizio del XVI secolo, Galizia

  
L'icona ucraina del XVI secolo, Galizia, Museo Nazionale a Leopoli  

  В'їзд Господній у Єрусалим очима українських митців - Наш вибір —  інформаційний портал для українців у Польщі

L'icona dall'iconostasi l'inizio del XVI secolo, la scuola di Peremysl, Museo Nazionale a Leopoli

 

 Рушельчичі с В'їзд до Єрусалиму

 L'icona della devozione popolare del XVII secolo  
 
 
L'icona ucraina del XVII secolo, Museo Nazionale a Leopoli
 
 
 
L'icona dell'iconostasi d'Ivan Rutkovych, XVII secolo, 
villaggio Skvariava Nova, regione di Leopoli, 
Museo Nazionale di Leopoli 

Yov Kondzelevych, l'icona dall'iconostasi di Skyt Maniavsly, XVII secolo 

L'icona dell'iconostasi della chiesa Santa Parasceva a Leopoli,
Fedir Senkovych e V. Petrachnovych, l'inizio del XVII secolo

 

 L'Ingresso a Gerusalemme, dall'iconostasi della cattedrale della Dormizione a Kyiv, 1729, 
Museo Nazionale dell'arte ucrina a Kyiv  
 


Per confermare la resurrezione prima della tua passione, 
hai risuscitato dai morti Lazzaro, 
o Cristo Dio, per la qual cosa anche noi, come i fanciulli, 
portando i simboli della vittoria, a Te, vincitore della morte, gridiamo: 
Osanna nel più alto dei cieli,
benedetto Colui che viene nel nome del Signore 

(L'inno della festa (polytikion))


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