La Resurrezione del Signore
di Yaryna Moroz Sarno
Dov'è, oh Morte, il tuo pungiglione?! L'inferno, dov'è la tua vittoria ?!
Cristo è risorto e tu sei scacciato! Cristo è risorto e i demoni sono caduti!
Cristo è risorto e gli angeli gioiscono! Cristo è risorto e la vita trionfa!
Cristo è risorto e nessuno è morto nella tomba! Perché Cristo,
risorto dalla tomba, è il primogenito dai morti.
Gloria e potere a Lui nei secoli dei secoli!
(Dall'annuncio di San Giovanni Crisostomo)
La Resurrezione del Signore (gr. Ανάστασις) è l'evento centrale del Vangelo e la festa principale della Chiesa Orientale, che è chiamata anche la Chiesa della Risurrezione. La Pasqua del Nuovo Testamento è basata sulle parole di Gesù Cristo stesso: "Io sono la risurrezione e la vita" (Gv 11:25). La Risurrezione di Cristo è il fondamento della nostra fede. Come dice San Paolo apostolo, "Ma se Cristo non è risorto la nostra predicazione è vana e la tua fede è vana". Ma Cristo il primogenito dei morti" è risorto dai morti (1 Cor 15, 14 e 20). Rivelato nella sua gloria nella notte di Pasqua, il mistero della Risurrezione comincia a manifestarsi già sulla Croce.
La sua celebrazione della più grande festa cristiana inizia già nei Vespri e nella Liturgia del Sabato Grande.
La solennità della Risurrezione del Signore Nostro Gesù Cristo viene preceduta dalla Vigilia, madre di tutte le veglie cristiane. La Vigilia pasquale è il punto culminante, la vigilia liturgica per eccellenza. "Questa notte è più luminosa, è la gioia di tutta la chiesa", - disse San Gregorio di Nissa. In questa Santa Notte, i catecumeni ricevevano il Battesimo, mentre i fedeli stavano in preghiera e ascoltavano la parola di Dio. La celebrazione della santa Liturgia, celebrata nelle prime ore del mattino, concludeva la veglia. La liturgia della Notte delle Notti si cominciò a celebrare nelle ore serali del sabato dal VI secolo, poi, alle ore 3 del pomeriggio (nel IX secolo), e in modo definitivo nelle ore mattutine (dal XIII secolo). Il festeggiamento solenne della Pasqua si prepara liturgicamente con l'Ufficio di Mezzanotte.
Il Mattutino Pasquale è l'inno maestoso alla gloria del Cristo Risorto. Il Canone pasquale attribuito a San Giovanni Damasceno, che segue dopo la Grande ektenia (in gr. συναπτή μεγάλη), è la parte principale e il momento più importante del Mattutino pasquale, che concentra in sé il significato e splendore della celebrazione. Alle Lodi si canta: "Una pasqua sacra è stata rivelata oggi; pasqua nuova, santa; pasqua mistica, pasqua venerabilissima; pasqua, il Cristo Redentore; pasqua immacolata, pasqua grande; pasqua che ci ha aperto le porte del paradiso; pasqua di tutti i credenti" (stichirà di Lodi).
L'iconografia della Resurrezione di Cristo, che è formata e modificata nel corso dei secoli III - XVII, si basava sui testi delle Sacre Scritture, sulle opere dei Padri della Chiesa, sull'innografia e sugli apocrifi. Inizialmente il mistero della Resurrezione si rappresentava attraverso i semplici simboli e le forme allegoriche (come gli affreschi nelle catacombe, le immagini simboliche sui sarcofagi).
Il tema principale della vittoria di Cristo risorto sull'inferno e sulla morte è molto sviluppato nell'arte dell'aria bizantina, perciò nella Chiesa orientale l'icona "Discesa agli Inferi" (in gr. Κατελθόντα εἰς τὰ κατώτατα) divenne l'icona della festa della Resurrezione del Signore.
La liberazione dei prigionieri degli inferi ha in parte un riferimento nella Prima Lettera dell'apostolo Pietro, dove l’apostolo dice che Cristo, «messo a morte nella carne ma vivificato nello spirito, in esso andò a portare l’annuncio anche agli spiriti in prigione che un tempo erano stati disobbedienti» (3, 18-19), dopo aggiungendo, che «è stata annunciata la buona novella anche ai morti, affinché, giudicati secondo gli uomini nella carne, vivano secondo Dio nello Spirito» (1 Pt 4, 6). Già Sant'Ireneo spiegava: "Il Signore osservò la legge dei morti per essere il primogenito dai morti, e rimase fino al terzo giorno nei luoghi sotterranei, e poi risuscitò nella carne ..." Tertulliano scrisse: "Cristo Dio, che morì come uomo, ed essendo sepolto secondo le Scritture, adempì la legge che, come tutte le persone che stavano morendo, discese agli inferi". Sant'Atanasio disse: "Il corpo morto di Cristo giaceva nella tomba, ma l'anima discese agli inferi". Nell'omelia a Sabato Santo di Sant'Epifanio troviamo: "La terra ha tremato e si è calmata, perché Dio si è addormentato nella carne ed è andato a ridestare coloro che dormivano da secoli: Dio è morto nella carne, e gli inferi hanno sussultato. Dio si è addormentato per un po' di tempo e ha ridestato dal sonno coloro che dimoravano agli inferi..." (PG 43, 440).
L'iconografia della Discesa agli Inferi corrispondente al Sabato Santo è stata sviluppata sotto l'influsso degli apocrifi, in particolare nel 21 capitolo del vangelo di Nicodemo (II-III secolo), nel 10 capitolo del vangelo di Pietro (II secolo) сhe allora si considerava come testo canonico e si leggevano durante la liturgia, così come "La parola sulla discesa di Gesù Cristo agli inferi" di Epifanio di Cipro, la parola "Sulla discesa del precursore agli inferi" attribuita a Eusebio di Alessandria. Si basava anche sui testi dei Salmi e delle epistole apostoliche, secondo le quali Cristo dopo la morte andò nell'Ade - il luogo dove aspettavano i giusti dell'Antico Testamento, non potendo entrare nel paradiso per il peccato originale (Adamo ed Eva, Abele, Noè, Abramo, i re Davide e Salomone, il profeta Daniele, Geremia, Giona, Giovanni Precursore, Giacomo, Mosè, ecc.). Questo insegnamento è confessato negli scritti dei Santi Melitone di Sardi (II secolo), Ireneo di Lione (II secolo), Atanasio Magno (IV secolo), Gregorio il Teologo (IV secolo), Giovanni Crisostomo (IV secolo), Sant'Agostino (V secolo), Andrea di Creta (VIII secolo), Giovanni Damasceno (VIII secolo). Simeone il Nuovo Teologo (XI secolo) nella sua Parola per la Santa Pasqua dice: “Cristo nostro Dio, dopo essere stato impiccato sulla croce e inchiodato su di essa il peccato del mondo intero, morì, discese negli inferi, poi, è entrato di nuovo nel suo corpo immacolato e subito è risorto dai morti ... "
Lo schema iconografico della Discesa agli Inferi conosciuto dal VI - VIII secolo (l'altorilievo non più tardi del VI secolo sulla colonna del ciborio nella cattedrale di San Marco a Venezia) si stabilì verso IX secolo e nei secoli X - XI acquisì la sua forma canonica. Tra i primi rappresentazioni sopravvissute di questo tema è l'affresco degli inizi dell'VIII secolo (705–707) nella chiesa di Santa Maria Antiqua a Roma.
L'affresco degli inizi dell'VIII secolo, Santa Maria Antiqua a Roma
L'affresco nella chiesa interiore di San Clemente a Roma
Le prime immagini erano statiche e molto laconiche con pocci personaggi. Le porte dell'inferno calpestate da Cristo cominciarono a dipingere dal IX secolo (il motivo preso dal Vangelo apocrifo di Nicodemo). La composizione simmetrica della "Discesa agli inferi" dove al centro di Cristo con la croce come il strumento della vittoria e le figure di Eva ed Adamo sono di fronte uno ad altro si formò nell'arte bizantina dall'XI al XII secolo e si diffuse nell'arte paleologica dalla seconda metà del XIII secolo. Durante i secoli successivi (dal XIV-XV) l'iconografia della Resurrezione diventa più dinamica e maestosa con gran numero di personaggi.
La miniatura bizantina del XI secolo nel codice "Le Parole di Gregorio il Teologo" (Dionisiou 61), Monastero di Dionisio, Athos (Grecia)
Morgan Library MS M.639, fol.1 r
La miniatura dal Vangelo bizantino, la fine del XIII secolo,
The J. Paul Getty Museum, Ms. Ludwig II 5 (83.MB.69), fol. 191 v
La prima rappresentazione conservata della Discesa negli Inferi nell'arte ucraina è l'affresco della cattedrale di Santa Sofia a Kyiv.
Nella descrizione della luce che scende nel Sepolcro dell'egumeno Daniel, il Pellegrino dell'inizio del XII secolo (nel suo "Itinerario in Terra Santa") si riflette la comprensione medievale della Rus' di Kyiv della Pasqua della Resurrezione: "La luce santa non è come il fuoco terreno, ma miracolosa, risplende in modo diverso, insolito; e la sua fiamma è rossa come il cinabro; e risplende in modo completamente indicibile... Tale gioia non può essere in una persona in un altro caso, quale gioia è quindi per ogni cristiano che ha visto la luce di Dio". Le icone della festa dovevano esprimere la gioia della Resurrezione.
L'affresco dell'XI secolo nella cattedrale di Santa Sofia di Kyiv
Di solito il Salvatore che scende nelle tenebre è raffigurato circondato dallo splendore della luce di gloria. Con la croce nella mano sinistra Cristo discende nella caverna dell'inferno per condurre Adamo ed Eva fuori dalle loro tombe. Come si canta durante i Vespri: "Si aprirono a te con timore le porte della morte, o Signore; e i custodi dell’Ade, vedendoti, sbigottirono. Infatti, infrante le porte di bronzo e spezzate le sbarre di ferro, tu ci hai tratto fuori dalle tenebre e dall’ombra di morte, rompendo i nostri legami!" Il limbo, l'inferno si raffigurava, secondo antico concetto, come l'abisso nero. Il profeta Giobbe, l'inferno descriveva come "paese di tenebre", "dove è buio, come le tenebre stesse" (Gb 10, 21-22).
Ai lati sono raffigurati i giusti dell'Antico Testamento. Il re Davide e il re Salomone con le corone e vesti regali come i prototipi del Salvatore nell'Antico testamento sono diventano personaggi obbligatori nella composizione. Davide predisse la risurrezione: "Non lascerai la mia anima all'inferno e non permetterai al tuo Santo di vedere la corruzione" (Salmo 15:10).
Più tardi nelle scene della Discesa agli Inferi apparve Giovanni Battista - il profeta del Nuovo Testamento che, secondo le fonti apocrife, predicò la buona notizia di Cristo all'inferno. Sant'Ippolito di Roma (170-235) scriveva: "Egli [Giovanni Battista], avendo subito la morte di Erode, fu il primo ad annunciare a coloro che erano all'Inferno: anche lì divenne un precursore, a significare che il Salvatore aveva scendere anche lì, per liberare le anime dei santi dalla mano della morte ”. San Giovanni Battista, è raffigurato accanto al Cristo, spesso nel mano tiene un rotolo, che "ha proclamato la buona novella a quelli nell'inferno di Dio, che è apparso nella carne" (troparion della seconda voce).
La miniatura del Salterio di Kyiv, 1397
L'icona ucraina del XV secolo, villaggio Poliana, Museo Nazionale a Leopoli
L'affresco della cappella della Santissima Trinità, Lublino, 1418
L'icona ucraina della fine del XVI secolo, Museo storico a Sanok
Nelle icone bizantine Adamo quasi sempre è rappresentato inginocchiato davanti Cristo che lo prende per mano per tirarlo su. Romano il Melode, ponendo nella bocca a Gesù Cristo le parole incoraggianti: "Vieni, Adamo con Eva, venite a me, ora, senza timore per i debiti dei quali dovete rispondere, perché tutto è stato da me saldato, da me che sono la vita e la Resurrezione".
Nel vangelo di Nicodemo (V secolo) è descritto: "Venne, allora, una voce che diceva: "Aprite le porte!" Udita questa voce per la seconda volta, l'Ade rispose come se non lo conoscesse: "Il Signore forte e potente, Signore potente in guerra!" A queste parole, le porte bronzee furono infrante e ridotte a pezzi, le sbarre di ferro polverizzate... Entrò, come un uomo, il Re della Gloria e furono illuminate tutte le tenebre dell'Ade... Il Re della Gloria stese la sua mano, afferrò e drizzò il primo padre Adamo; poi si rivolse a tutti gli altri e disse: "Dietro di me voi tutti che siete morti a causa del legno toccato da costui! Ecco, infatti, che io vi faccio risorgere tutti per mezzo del legno della Croce".
Nell'Omelia attribuita ad Epifanio di Salamina (di Cipro) si aggiunge: "presolo per mano, lo scosse, dicendo: "Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti... A te comando: Svegliati, tu che dormi! Non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti... Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi, mia effigie, fatta a mia immagine. Risorgi, usciamo di qui..."
Il frammento dell'icona
L'icona ucraina del XVI secolo, Lybochory, Museo Nazionale di Leopoli
L'icona ucraina del XVI secolo, Museo Nazionale a Cracovia
L'icona del XVI secolo, Museo Nazionale a Leopoli
L'icona ucraina della seconda metà del XVII secolo, Museo delle icone di Suprasl
Ivan Rutkovych, l'icona dall'iconostasi di Zhovkva, la fine del XVII secolo
«Il Cristo è risorto dai morti, con la sua morte calpestando la morte
e ai morti nei sepolcri donando la vita.
Risorgendo dalla tomba, come aveva predetto,
Gesù ci ha donato la vita eterna e la grande misericordia!»
(Canone di Giovanni Damasceno, Ode I)
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