Natività del nostro Signore Gesù Cristo
Yaryna Moroz Sarno
Oggi la Vergine dà alla luce il Sovraessenziale,
e la terra offre una grotta all’Inaccessibile:
gli angeli e i pastori cantano la sua gloria,
i magi camminano seguendo la stella,
perché bambino è nato per noi il Dio che precede tutti i secoli
Kontakion di Romano il Melode
La miniatura dal Menologio di Basilio II della fine del X secolo (ca 985),
la Biblioteca Apostolica Vaticana (Vat. Graec. 1613, fol. 278).
"Mentre noi adoriamo la nascita del nostro Redentore,
scopriamo che con essa celebriamo la nostra origine.
Infatti, la nascita di Cristo è l'origine del popolo cristiano;
il giorno natalizio del capo è anche il giorno natalizio del corpo".
San Leone Magno
La solennità della Natività di Cristo (in gr. Χριστούγεννα) festeggiata il 25 dicembre apparve nel calendario romano durante il pontificato di papa Giulio (337-352) e da Roma si diffusa nel mondo cristiano. Verso il 330 sull'iniziativa dell’imperatore Costantino I e di Sant'Elena si iniziò la costruzione della basilica della Natività. Con il tempo si maturava la consapevolezza della necessità di festeggiare la nascita del Redentore per rafforzare la fede nell'Incarnazione. Nella 'Depositio Martyrum' è stata già scritta la festa del Natale che veniva celebrata il 25 dicembre del 336 a Roma. Il Cronografo Romano del 354 indica invicti "[giorno] natale del non vinto", VIII kalendas Ianuarii, la "nascita di Cristo a Betlemme di Giudea" (natus Christus in Betleem Judeae).
L'usanza di celebrare separatamente la Natività di Cristo dall'Epifania nel giorno del 25 dicembre si stabilì nella Chiesa orientale più tardi, verso la fine del IV secolo. Secondo alcuni storici, la celebrazione separata a Costantinopoli risale al 377 ed è collegata all'imperatore Arcadio.
Secondo l'opinione di altri, San Gregorio Nazianzeno inaugurò il festeggiamento della Natività del Signore nella piccola chiesa della Resurrezione a Costantinopoli. Dalle sue omelie si rivela che già nel 380 anche in Cappadocia si celebrava Natale il 25 dicembre. San Giovanni Crisostomo verso il 386 introduceva in Antiochia la festa del Natale "tra tutte le feste la più venerata e la più sacra, che potrebbe chiamarsi senza tema d'errare la metropoli di tutte le feste" (Omelia del 26 dicembre 386, PG 48, 752), che tra il 398 e il 402 giunse anche a Costantinopoli. L'imperatore bizantino Giustiniano, che nella metà del VI secolo costruì sulle fondamenta dell'antica basilica constantiniana della Natività l'edificio attuale, proclamò il Natale il 25 dicembre festività civile.
In Oriente i primi sermoni natalizi sono dei Santi Padri Cappadoci del IV secolo. I canti liturgici per il Natale sono stati composti in tempi diversi: il troparion, l'ikos e il kontakion sono scritti da Romano il Melode nel VI secolo, il canone da Giovanni Damasceno (VIII secolo), il secondo canone - dal monaco Cosma di Maium (VIII secolo), le stychere da Anatolio, Patriarca di Costantinopoli (V secolo), Sofronio e Andrea di Gerusalemme (VII secolo), dal patriarca di Costantinopoli Germano (VIII secolo).
Come dice il Vangelo di Luca, "In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nàzaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto". Prima di essere il luogo della nascita di Gesù, Betlemme è il luogo della nascita dell’ultimo dei Patriarchi, discendente di Giacobbe: Beniamino (Gn 35,16). Betlemme era anche la città del profeta Davide (1 Sm, 20, 6, 28) dove è nato, qui ha trascorso l’infanzia pascolando il gregge e dove riceverà l’unzione regale dalle mani del profeta Samuele. “E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele” (Mt 2, 6), si proclama nel Vangelo in riferimento all'annuncio del profeta Michea (Mic 5, 1). San Romano il Melode chiarisce: "Betlemme ha riaperto l'Eden ... Là, è apparsa la radice da nessuno innaffiata da cui è fiorito il perdono. Là, si è rinvenuto il pozzo da nessuno scavato, dove un tempo Davide ebbe desiderio di bere. Là, una vergine, con il suo parto ha subito estinto la sete di Adamo e la sete di Davide. Affrettiamoci dunque verso quel luogo dove è nato, piccolo bambino, il Dio che è prima dei secoli" (Romano il Melode, Carme 10, Proemio 1,2).
In Betlemme (dall'ebraico "casa del pane") nasce "Pane vivo disceso dal cielo" (Gv 6, 41). Il legame tra il luogo del Natale e l'Eucarestia, descritto nelle opere dei Padri della Chiesa, è stato molto profondo. "Ti saluto, o casa del pane, nella quale è nato quel Pane disceso dal cielo", scrisse nell'Omelia 108 San Girolamo. "Pane del cielo", Gesù che nasce in una grotta è fonte di vita nell’Eucarestia. “Felice chi ha Betlemme nel suo cuore, nel cui cuore, cioè, Cristo nasce ogni giorno! Che significa del resto “Betlemme”? Casa del Pane. – Siamo anche noi una casa del pane, di quel pane che è disceso dal cielo”, commentando il Salmo 95, scrisse San Girolamo.
Il Vangelo di Luca racconta: "Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà” (Lc 2, 1-14).
Nell'omelia di San Leone Magno si affermava: "Oggi il Verbo di Dio è apparso rivestito di carne e, mentre mai era stato visibile a occhio umano, si è reso anche visibilmente palpabile. Oggi i pastori hanno appreso dalla voce degli angeli che era nato il Salvatore nella sostanza del nostro corpo e della nostra anima" (Sermo 26, In Nativitate Domini, 6, 1, PL 54,213). Leone Magno dichiarava: "La festa odierna ci rende attuali i sacri inizi della vita di Gesù nato da Maria Vergine, e mentre adoriamo la nascita del Salvatore nostro, ci troviamo a celebrare anche la nostra nascita. Poiché la nascita di Cristo segna l'origine del popolo cristiano, e il Natale del capo è il Natale del corpo" (Leone Magno, Tractatus XXVI, in CCSL 138, 2, 28-29).
Il dettaglio del sarcofago di Marcus Claudianus (330-335), Roma, Palazzo Massimo alle Terme
Il frammento del coperchio del sarcofago dell'ultimo terzo del IV sec., il Museo Pio Cristiano, Vaticano
Per lo sviluppo della rappresentazione della Natività è fondamentale l’istituzione della festività del Natale con i riti solennizzati stabilita dal papa Liberio a partire dal 354 (l'anno della consacrazione dell'antica basilica di Santa Maria Maggiore a Roma che inizialmente veniva chiamata ‘Santa Maria ad Praesepem’ perché la primitiva basilica aveva una ‘Grotta della Natività’ identica a quella di Betlemme, dove si collocava inizialmente la reliquia della mangiatoia).
A seguito del concilio di Efeso del 431 dove è stata proclamata la maternità divina della Vergine Maria si canonizza la rappresentazione della natività. La raffigurazione della Madre di Dio divenne stabile nella scena della nascita del Signore, spesso rappresentata a riposo accanto al Bambino. A partire dal VI secolo la Vergine divenne il punto focale della scena. La figura di Giuseppe seduto su un masso, che soppianta il pastore/ profeta compare dal V secolo. Egli si raffigurava di solito sul lato opposto alla Vergine.
L'iconografia della Natività è basata principalmente sui Vangeli di Matteo (2, 1-12) e Luca (2, 1-20), ma sono importanti anche gli apocrifi (in particolare il Protovangelo di Giacomo, il Vangelo dello Pseudo -Tommaso, il Vangelo di Pseudo-Matteo, Vangelo siriaco dell'infanzia). Nel Vangelo di Pseudo-Matteo il mistero dell'Incarnazione e della nascita di Gesù si presenta così: "La luce divina illuminò la grotta in modo tale che né di giorno né di notte, fino a quando vi rimase la beata Maria, la luce non mancò. Qui generò un maschio, circondata dagli angeli mentre nasceva. Quando nacque stette ritto sui suoi piedi, ed essi lo adorarono dicendo: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà... Sul neonato non vi è alcuna macchia di sangue e la partoriente non ha sentito dolore alcuno. Ha concepito vergine, vergine ha generato e vergine è rimasta". Il Protovangelo di Giacomo (XIX, 2) sulla nascita di Gesù racconta: "Ed ecco cha una nube luminosa copriva la spelonca... Improvvisamente la nube si ritraeva dalla grotta e luce apparve là tanto forte che gli occhi non lo sopportavano. Poco dopo quella luce cominciò a dileguarsi finché apparve il bambino, il quale si volse per prendere il seno di sua madre, Maria". Il Natale come l'evento della luce luminosa che splende sulla terra descrivano anche gli altri apocrifi: Vangelo arabo dell'Infanzia (III,1) e Vangelo armeno dell'Infanzia (IX, 2.4).
L'iconografia della Natività è basata principalmente sui Vangeli di Matteo (2, 1-12) e Luca (2, 1-20), ma sono importanti anche gli apocrifi (in particolare il Protovangelo di Giacomo, il Vangelo dello Pseudo -Tommaso, il Vangelo di Pseudo-Matteo, Vangelo siriaco dell'infanzia). Nel Vangelo di Pseudo-Matteo il mistero dell'Incarnazione e della nascita di Gesù si presenta così: "La luce divina illuminò la grotta in modo tale che né di giorno né di notte, fino a quando vi rimase la beata Maria, la luce non mancò. Qui generò un maschio, circondata dagli angeli mentre nasceva. Quando nacque stette ritto sui suoi piedi, ed essi lo adorarono dicendo: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà... Sul neonato non vi è alcuna macchia di sangue e la partoriente non ha sentito dolore alcuno. Ha concepito vergine, vergine ha generato e vergine è rimasta". Il Protovangelo di Giacomo (XIX, 2) sulla nascita di Gesù racconta: "Ed ecco cha una nube luminosa copriva la spelonca... Improvvisamente la nube si ritraeva dalla grotta e luce apparve là tanto forte che gli occhi non lo sopportavano. Poco dopo quella luce cominciò a dileguarsi finché apparve il bambino, il quale si volse per prendere il seno di sua madre, Maria". Il Natale come l'evento della luce luminosa che splende sulla terra descrivano anche gli altri apocrifi: Vangelo arabo dell'Infanzia (III,1) e Vangelo armeno dell'Infanzia (IX, 2.4).
La più antica raffigurazione della Natività di Gesù Cristo si conserva nell'affresco delle Catacombe di Priscilla (III - IV secolo) con la Vergine seduta con il Bambino in braccio. Il profeta che le è accanto indica la stella evocando l'oracolo messianico del profeta Balaam: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Nm 24, 17).
L'affresco delle Catacombe di Priscilla, III secolo
Le antiche rappresentazioni sui sarcofagi risalgono al secolo IV (sarcofagi del Museo Lateranense di Roma). Sul coperchio del sarcofago 320 ca il Bambino nelle fasce raffigurato nella mangiatoia, affiancata dal bue e l'asino.
Lo schema semplice di una grotta o di una capanna con il Bambino sulla paglia al centro fra il bue e l’asinello ha riferimenti all’Antico Testamento e rappresentano il popolo ebreo (bue) e i pagani (asinello). Come è scritto nel profeta Isaia: "Un bue riconosce il suo proprietario e un asino la greppia del suo padrone" (Is 1, 3). Questo brano si interpreta come la profezia del nuovo popolo di Dio che riconosce la voce del Signore ed unisce i giudei con i pagani. I teologi cristiani dei primi secoli, per esempio Sant'Agostino e Sant'Ambrogio, consideravano il bue come un simbolo del popolo ebraico, oppresso dalla Legge, l'asino come i popoli pagani sotto il peccato dell’idolatria. Gesù Cristo giunse per entrambi a liberarli. Gregorio di Nissa (m. 394) nel Sermone del Natale di Cristo spiegava, che il bue come animale da tiro, simboleggiava gli ebrei che tirano il giogo della Legge (At 15, 10, Ga 5,1), l'asino come animale da soma, rappresentava i gentili sotto il peso del paganesimo.
Nella profezia del profeta Abacuc si dice: "Il Signore sarà riconosciuto in mezzo a due animali" (Abc 3, 2). Nell'apocrifo Vangelo dello Pseudo-Matteo è stato scritto sulla nascita: "La beatissima Maria uscì dalla grotta e, entrata in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, e il bue e l'asino l'adorarono" (14, 1). Gregorio di Nazianzo (m. 390) scrisse: "adora la mangiatoia, per mezzo della quale tu, che eri privo di parola (alogos), fosti nutrito dalla Parola (Logos). Conosci, come il bue, Colui che è il tuo padrone" (Discorso 38, 17).
Madonna con bambino e due Magi
Roma, catacomba dei Ss. Pietro e Marcellino.
Verso la metà del II secolo si attesta la tradizione orientale della nascita del Signore nella grotta. Le parole di Isaia "Abiterà in una grotta alta di pietra dura" (Is, 33, 16) sono state applicate alla nascita di Cristo (dall'apologista Giustino). Nel Protovangelo di Giacomo (II sec.) si legge: "Giuseppe trovò una grotta e vi condusse dentro Maria" (18, 1). Anche il Vangelo dello Pseudo-Matteo (13, 2) scrive di una grotta. Era stato affermato da Origene che era possibile visitare la grotta sulla quale Sant'Elena costruì la basilica chiamata da San Girolamo Ecclesia Speculae Salvatoris.
Nell'arte, influenzata dagli apocrifi, apparve la raffigurazione della Natività di Cristo in una grotta che risale al V-VI secolo (per esempio, sull'ampolla di Monza). Nelle icone si rappresenta la grotta come voragine nera che potrebbe simbolizzare gli Inferi ed alludere la voragine nell'icona della Risurrezione (nella variante "La Discesa negli Inferi").
La Vergine che partorisce il Suo Figlio (come già profetizzava Isaia: "Un bambino è nato per noi, c’è stato dato un figlio"(Is 9,5)) è raffigurata distesa dentro la grotta. Il Bambino è posto in una mangiatoia (secono Lc 2, 12: "un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia". Alla sinistra è rappresentato San Giuseppe immerso in una meditazione profonda. Accanto a San Giuseppe appare molto spesso l'arboscello. Sui sarcofagi iniziano a comparire le figure dei pastori o dei profeti con il rotolo di pergamena.
Nella scena del bagno del Bambino, che sottolinea l'umanità del Cristo, si rappresenta la levatrice, che secondo il Libro dell'Infanzia si chiamava Eva, e la donna aiutante, che secondo il Protovangelo di Giacomo si chiamava Salome. A lei l'angelo disse: "Avvicinati, prendi il Bambino ed Egli sarà la tua salvezza". Fiduciosa Salome si accostò al Bambino e lo prese in braccio dicendo tra sè: "Lo adorerò perché questo è il re nato ad Israele".
Molto spesso in alto, come un riflesso della Maestà divina, si raffiguravano gli angeli con la scritta: "Gloria a Dio nel più alto dei Cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà" (Lc 2, 14). Come si canta durante la Santa Liturgia, "Il cielo e la terra, in questo giorno, si rallegrano profeticamente. Angeli e uomini, esultiamo!"
La nascita del Messia atteso annunciava una stella (Mt 2, 2-10). Nella stella si realizzava la profezia di Balaam nell'Antico Testamento: "Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele" (Nm 24, 17), che nella tradizione giudaica è stata interpretata come l'annuncio del Re dei giudei, promesso dal profeta Davide, nell'esegesi cristiana - il segno visibile dell'arrivo del Salvatore. Per Giustino la stella di Betlemme è il mezzo per raggiungere la conoscenza del sole della verità, l'indice della venuta del Signore.
La stella è stata profetata da Isaia: "Sorgi! Sii raggiante perché la tua luce viene e per te spunta la gloria del Signore. Mentre le tenebre avvolgono la terra e l'oscurità si stende sui popoli, ecco su di te si leva il Signore e la sua gloria su di te si rivela. Le nazioni cammineranno alla tua luce ed i re allo splendore della tua aurora. Guarda, da tutte le parti si adunano e vengono a te, tu chiami i figli che giungono da lontano" (Is 60, 1-4). Come spiega il Vangelo dell’infanzia arabo siriano (Cap VII): " …apparve loro un angelo, sotto forma di quella stella che prima era stata la loro guida nel viaggio".
Secondo Eusebio di Cesarea, la stella è simbolo della luce, significa l'unica vera luce che illumina il mondo - Il Cristo. San Giovanni Crisostomo (m. 407) spiegava così: "Che questa stella non fosse una delle tante, anzi non fosse nemmeno una stella, a mio parere, ma una potenza invisibile trasformata in questo aspetto, è evidente innanzitutto dal suo percorso." (Omelia sul Vangelo di Matteo 6, 2. 4).
I primi cristiani si identificavano con i Magi - che manifestavano l'universalità della salvezza per tutte le genti - e questo spinse la diffusione delle immagini dell'Adorazione sin dalla nascita dell'arte cristiana (le raffigurazioni sulla lastra funeraria di Severa (la seconda metà del III secolo), nella catacomba dei SS. Pietro e Marcellino di Roma; nel fronte di un sarcofago (la prima metà del IV sec.), del Museo Pio Cristiano della Città del Vaticano; nel coperchio del sarcofago (la prima metà del IV secolo) di San Paolo fuori le mura; nel IV secolo, nel sarcofago del Museo Ambrosiano di Milano, nel sarcofago di Stilicone della basilica di Sant'Ambrogio di Milano, nel sarcofago di Adelfia del Museo arcivescovile di Siracusa). La scena dell'Adorazione dei Magi si aggiunge nelle icone della Natività di Cristo.
Le ampolle di Monza del VI sec. con la Vergine col Bambino al centro,
a destra e a sinistra sono raffigurati l’annuncio ai pastori e l’adorazione dei Magi.
Nella rappresentazione del cammino verso Betlemme dei Magi e dell'Adorazione del Bambino sono i versi del Vangelo di Matteo (Mt 2, 1-12). Come l'Adorazione dei Magi è interpretato il passo della profezia di Isaia: "Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa..." (Is 60, 6). Nel Salmo (71,10) si dice: "I re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi". Nel Protovangelo di Giacomo (II secolo) leggiamo (21, 1-4): "[I Magi] dicevano, Dov’è nato il re dei giudei? Abbiamo visto la sua stella nell’Oriente e siamo venuti ad adorarlo....[Erode] interrogò i Magi, dicendo, Quale segno avete visto a proposito del re che è nato? I Magi risposero: "Abbiamo visto una stella grandissima che splendeva tra queste stelle e le oscurava, tanto che le stelle non apparivano più. E così abbiamo conosciuto che era nato un re a Israele... Ed ecco che la stella che avevano visto nell'oriente li precedeva fino a che giunsero alla grotta, e si arrestò in cima alla grotta. I magi, visto il bambino con Maria sua madre, trassero fuori dei doni dalla loro bisaccia: oro, incenso e mirra".
Il papa Leone Magno (V secolo) ha dedicato all’Adorazione dei Magi otto Sermoni. Nel primo discorso scrisse: "...ai tre Magi apparve in Oriente una stella di straordinaria luminosità, la quale, perché più fulgida e più bella delle altre stelle, facilmente attrasse la loro attenzione, mentre la rimiravano; così poterono rendersi conto che non avveniva a caso ciò che a loro sembrava tanto insolito. Infatti, colui che aveva dato il segno, diede a quelli che l'osservavano anche la grazia di comprenderlo. E poi fece ricercare ciò che aveva fatto comprendere e, ricercato, si fece trovare". Secondo la sua spiegazione, l’Adorazione dei Magi dimostra la vocazione dei gentili. La stella è il segno della luce rivelata ai pagani e rifiutata dagli ebrei ciechi: "In tal modo per quella stella che risplendette agli occhi dei Magi e invece non rifulse alla vista degli israeliti, fu significata l'illuminazione delle genti e la cecità dei giudei" (Quinto discorso sull'Epifania).
Nella sua omelia San Gregorio il Teologo invitava:"Va' con la stella, porta doni con i Magi oro, libano e mirra come al Re, come a Dio, e come a colui che morì per te. Glorificate con i pastori, gioite con gli Angeli, cantate con gli Arcangeli, vi sia un trionfo comune delle Forze celesti e terrene".
Mosaico "L'Adorazione dei Magi", Ravenna, Basilica di Sant'Apollinare Nuovo.
Nell'Apocrifo del VI secolo (Codice Arundel 404) è scritto: "Abbiamo visto in cielo la stella del re degli Ebrei e siamo venuti ad adorarlo, perché sta scritto nei libri antichi a proposito del segno di questa stella: quando sarà apparsa nascerà il re eterno e darà ai giusti la vita immortale". Il Vangelo Armeno dell'Infanzia della fine del VI secolo riferisce: "Un angelo del Signore si affrettò di andare al paese dei persiani per prevenire i re magi ed ordinare loro di andare ad adorare il bambino appena nato. Costoro, dopo aver camminato per nove mesi avendo per guida la stella, giunsero alla meta proprio nel momento in cui Maria era appena diventata madre. E' da sapere che in quel momento il regno persiano dominava sopra tutti i re dell'Oriente per il suo potere e le sue vittorie" (cap. V, 10). Nel Vangelo apocrifo di Pseudo-Matteo è scritto: "Una enorme stella splendeva dalla sera al mattino sopra la grotta; così grande non si era mai vista dalla creazione del mondo. I profeti che erano a Gerusalemme dicevano che questa stella segnalava la nascita di Cristo, che avrebbe realizzato la promessa fatta non solo a Israele, ma anche a tutte le genti".
Nelle catacombe romane l’episodio dell’Adorazione dei Magi si rappresenta varie volte con diverso numero dei magi (nelle catacombe di Domitilla sono quattro, nel cimitero dei Santi Pietro e Marcellino sono due raffigurati in maniera simmetrica). Tertulliano è stato primo a dire che loro erano i re. Origene ha precisato il numero tre. Il vescovo Cesario di Arles li chiamò per nome: Gaspare, Melchiorre e Baldassare. Nel Vangelo armeno dell'Infanzia del V secolo si afferma che sono stati tre re. Oltre queste fonti nel racconto e nella rappresentazione sono stati integrati i testi medievali: la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, le Meditazioni sulla vita dello Pseudo-Bonaventura (entrambi del XIII secolo), la Storia dei Tre Re di Giovanni da Hildesheim (XIV secolo) e le Celesti Rivelazioni di Santa Brigida.
Menologio di Basilio II della fine del X secolo,
la Biblioteca Apostolica Vaticana (Vat. Graec. 1613)
La miniatura bizantina, 1120-1130
Icona del XII secolo, Sinai, Monastero di Santa Caterina
Nell'iconografia ucraina il motivo della nascita del Signore è conosciuto attraverso i codici medievali (il Salterio di Gertrude e il Salterio di Kyiv del 1397) e le numerose icone della devozione popolare proveniente dalle diverse parti dell'Ucraina.
La miniatura del Salterio di Kyiv dell'anno 1397
La miniatura del Salterio di Kyiv dell'anno 1397
L'icona ucraina del XVI secolo, villaggio Poliany, Museo Nazionale a Cracovia
L'icona ucraina del XVI secolo, villaggio Vilce, Museo Nazionale a Leopoli
L'icona ucraina del XVI secolo
La natività, 1580, Lopushanka-Khomyna, Museo Nazionale a Leopoli
Natività, la fine del XVI secolo, Kalush, Museo Nazionale delle Arti di Ucraina, Kyiv
L'Adorazione dei Magi, la metà del XVI secolo, il villaggio Busovysko.
"La Natività di Cristo con le scene della vita della Vergine Maria"
la metà del XVI secolo, villaggio Trushevychi, Staryj Sambir, regione di Leopoli,
Museo Nazionale a Leopoli
La parte dell'iconostasi del XVII secolo della chiesa di Santa Paraskeva a Leopoli
"Natale e infanzia di Cristo" della fine del XVII - l'inizio del XVIII secolo, villaggio Torky,
Museo Nazionale a Leopoli
L'icona ucraina del XVII secolo, villaggio di Glomcha (adesso Polonia)
"L'Adorazione dei Magi" di Chlomchi, la seconda metà del XVII secolo.
L'icona della prima metà del XVII secolo, Skvariava Nova, scuola leopolitana,
Museo Nazionale a Leopoli
Ivan Rutkovyc, l'icona dell'iconostasi di Zhovkva (1697-99),
Museo Nazionale a Leopoli
Yov Jondzelevyc, l'icona dell'iconostasi della chiesa dell'Esaltazione della Santa Croce del monastero di Skyt Maniavsky, 1698-1705, Museo Nazionale a Leopoli
Fedir Sen'kovyc, frammento dell'iconostasi di Velyki Grybovyci, 1628 ca
Ivan Rutkovyc, frammento dell'iconostasi di Zhovkva
Troparion, voce 4:
La tua nascita, o Cristo nostro Dio, illuminò il mondo con la luce della sapienza:
perché le persone che seguivano le stelle, per mezzo della stella,
hanno imparato ad adorare Te, Sole di giustizia, e a conoscere Te, Oriente, dall'alto;
O Signore, gloria a Te.
Kontakion, voce 3:
La Vergine oggi partorisce Colui che è al di sopra di tutto ciò che esiste,
e la terra porta la grotta all'Inaccessibile;
Gli angeli glorificano con i pastori, mentre i Magi viaggiano dietro la stella,
perché per noi è nato il Bambino, l'Eterno Dio.
* * *
M. E. GARCIA BARRACO, ed., Praesepium. La natività e l’Adorazione dei Magi nell’arte paleocristiana, Roma 2016
Le immagini delle icone ucraine sono tratte da:
Різдво Христове - ICON.ORG.UA
http://www.librideipatriarchi.it/salterio-di-egberto-codex-gertrudianus/
http://www.librideipatriarchi.it/salterio-di-egberto-codex-gertrudianus/
Gonfalone del 1858, villaggio Nyrkiv, provicia di Zalizhyky
Articolo ripubblicato e aggiornato.
La prima pubblicazione del 7 gennaio 2020
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